Parrocchia San Lorenzo Maiorano in Cattedrale - Manfredonia
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LE FAMIGLIE E LE NUOVE POVERTA’
(tema di incontro mensile del Gruppo Coniugi della parrocchia cattedrale di Manfredonia – 21 ottobre 2012)


1) Povertà materiale - Innanzitutto è doveroso sottolineare che tutte le cose, i beni, le ricchezze che ci attorniano nella nostra vita quotidiana  hanno aiutato a liberarci dalla miseria del passato, quando la vita umana era diventata dura e austera. Si veniva dal dopoguerra! Ma è altrettanto doveroso sottolineare che oggi siamo cascati nel lato opposto: abbiamo accumulato talmente tante cose che ci costringono ad essere noi al loro servizio, dedicando quasi tutta la nostra giornata al lavoro, al fine di innalzare il nostro potere di acquisto e acquistare, acquistare sempre di più e sempre di meglio, anche quello che è superfluo. Anzi, il superfluo arriva nelle nostre teste, mediante la realtà mediatica: compra questo prodotto "in", questo jeans di marca, questo profumo esclusivo. Ma si tratta di un consumo che alla fine "ci consuma" perché, alla fine della giornata, ci troviamo stanchi e ci troviamo sempre più poveri. La povertà che si conosce è quella generata da una non risposta ai bisogni primari quali: cibo,vestito,salute,casa,lavorostudio.E’ la povertà che conosciamo meglio e che incontriamo frequentemente. Sono i disoccupati, gli emarginati,i migranti, gli analfabeti. Ma anche i diplomati, le famiglie monoreddito, i pensionati.
Come intacca questa povertà materiale nelle famiglie?
Secondo l’ISTAT, nel nostro Paese ci sono quasi 3 milioni di famiglie povere.Le famiglie italiane sono sempre più povere in Italia del Sud (una su quattro) e colpisce particolarmente le famiglie numerose, gli anziani e le coppie giovani.E tante sono le famiglie sulla soglia della povertà e sono soglie pericolose perché il passo che porta ad indebitarsi, a ricorrere all’usura è breve.Se poi si aggiunge che molte famiglie vivono i drammi della separazione, della conflittualità, del disagio, ecco allora che le conseguenze di questa povertà sono inimmaginabili.
Ancora un dato preoccupante:  si è dimostrati che nelle nostre case ci sono all’incirca 10.000 oggetti! Se tutto il nostro tempo viene assorbito da queste cose, o parte di essi, o se non riusciamo ad averle tutte e di più rispetto a quelle che ha il vicino o che ci bombarda la pubblicità, allorail singolo, la figlia, la coppia, la famiglia va in crisi, si dedica tutto il tempo a "consumare" queste 10.000 cose o a desiderarle  a scapito del rapporto interpersonale all’interno della famiglia, a discapito delle relazioni .
Ecco che fa capolino, a fianco della povertà materiale, la povertà relazionale.  Questa non è una "povertà statistica", sfugge ai numeri delle percentuali, dei grafici. E’ una povertà che generalmente non ha bisogno di risposte materiali ma di presenze e interventi che facilitino l’appartenenza, la buona relazione, la socialità.
E qual è il luogo per eccellenza per trovare queste  relazioni, questa presenza continua e vicina  se non la famiglia? E questo anche dal punto di vista sociologico, pscicologico oltre che, naturalmente, teologico. Per le scienze umane, appunto, noi uomini siamo esseri relazionali. Secondo la filosofia invece, il punto di vista si sposta: è nell’altro che costruiamo la nostra identità, che ci plasmiamo, ci compenetriamo, aderiamo. Nell’uno e nell’altro caso, in mezzo c’è una relazionalità, un rapporto personale.
Questo dimostra che l’essere umano per sé è relazionale, e questa relazione scaturisce nella vita affettiva:io intanto posso dire di avere una vita affettiva con un altro essere in quanto ci deve essere in primis un rapporto relazionale importante.
L’uomo che non ha un senso di appartenenza alla comunità non ha relazioni significative, né in famiglia, né nella società
Ma la vita affettiva deve essere educata: pensiamo al giovane che non ha vita affettiva perché manca la relazione genitori-figli. Se manca questo tipo di educazione abbiamo una prima preoccupante povertà. Altre povertà relazionali le troviamo ( le si elenca in successione e di alcune le si esaminano nel dettaglio):
Se pensiamo alle famiglie abbiamo:
- tra i coniugi si riscontra il venir meno dell’amore coniugale a causa dell’abitudine o dell’indifferenza reciproca. Ormai stiamo da tanti anni assieme senza un progetto innovativo, senza slancio, senza una missione familiare viva;
- il dramma se si ha un figlio malato o drogato o handicappato o omosessuale;
- il rapporto difficile che si ha con le persone anziane presenti: il nonno da evitare, la sua cura…
- il senso  di inutilità che molti coniugi avvertono se senza figli;
- la solitudine in cui sprofondano i genitori allorquando i figli vanno via di casa, all’università o dopo il loro matrimonio;
- lo stato di vedovanza in cui si possono trovare uno dei coniugi;
- il dramma della disoccupazione;
- anziani sempre più soli e abbandonati;
- giovani sempre più lasciati davanti alla TV;
- la crisi in cui versano tante famiglie per l’incapacità di "arrivare a fine mese";
- la povertà derivante dal vuoto quotidiano che si riscontra in tante famiglie . Ci si ritrova in silenzio davanti a due Tv, una in camera da letto e l’altra del soggiorno, magari sintonizzate sullo stesso programma;
- il problema del rapporto con le famiglie di origine, soprattutto nelle giovani coppie. "A Natale si mangia dai miei! No dai miei! Tua madre viene troppo spesso a casa…la tua mai..";
- infedeltà, noia, incomunicabilità.
Queste povertà relazionali hanno un doppio effetto, è doppiamente subdola: da un lato allontanano sempre di più la persona e la famiglia dalla comunità, dall’altro tendono a stimmatizzare delle false responsabilità personali. Quell’anziano vive in solitudine? Colpa sua che non cerca nuovi contatti sociali!
Quel giovane è disoccupato? Si vede che non aveva voglia di lavorare!
Quei coniugi sono stressati? Ci siamo passati anche noi, la verità è che le giovani famiglie non hanno più valori!
2) Una analisi interessante sulla povertà legata alla solitudine e alla sussidarietà e solidarietà per combattere le nuove povertà internazionali è data dall’enciclica Caritas in Veritate al capitolo Quinto.
Il papa Benedetto XVI inizia la trattazione del capitolo asserendo che una " delle più profonde povertà che l’uomo può sperimentare è la solitudine" ma, dice, anche le altre povertà nascono dalla solitudine, solitudine sia ad amare che ad essere amati, solitudine che è rifiuto di amore di Dio. L’uomo che soffre di questa solitudine è l’uomo che pensa di bastare a se stesso e che pensa che lui sta nel mondo per caso , quando si stacca dalla realtà. Ecco che è un uomo alienato! Anche l’intera umanità sarà alienata, sola se si affida solo a progetti umani e terreni e tiene da parte Dio.
Come si tiene l’intera umanità unita e non alienata? Attraverso la solidarietà dei popoli. Ma la solidarietà è una relazione interpersonale. Ecco l’importanza delle relazioni. La stessa rivelazione cristianaè una relazione trinitaria Padre –Figlio –Spirito Santo; così pure la famiglia, l’amore sacramentale  tra i coniugi è una relazione (li unisce in una "carne sola")
Un’indagine statistica nel nostro territorio dice che  il 2% della popolazione dichiara di non avere amici, quasi il 5% di non vedere mai nessun amico e quasi il 7% di vederlo poche volte l’anno.
Cosa ci dicono questi dati? In realtà, non è un’impresa facile riuscire a descrivere un sentimento così complesso ed emotivamente intenso come il "sentirsi soli" con freddi numeri, statistiche e grafici.
E non si può parlare neanche di un solo modo di "sentirsi soli": c’è la solitudine del manager che viaggia ed è sempre a contatto con persone e realtà nuove, ma non ha amici; c’è la solitudine di chi sente di non potersi confidare con nessuno; c’è la solitudine dell’anziano che si sente abbandonato,  1 anziano su 4 vive da solo. Alla solitudine "anagrafica" (il vivere da soli) si accompagna unapiù lacerante "solitudine affettiva" (il sentirsi soli) che è causa di "regressione" psicofisica e sofferenza ed è un fattore di rischio che fa insorgere o aggrava malattie croniche..
Poi c’è la solitudine dell’immigrato che viene catapultato in un mondo di cui non conosce neanche la lingua, c’è la solitudine della ragazzina che non si sente compresa dai genitori, dell’adolescente che può portare al suicidio o ad un tentativo di suicidio; ad atti di bullismo; a giovani che non studiano, che sognano un reality show.
C’è la solitudine di chi non riesce a trovare un lavoro, c’è la solitudine di chi passa le notti a giocare a poker online, c’è la solitudine del nostro vicino di casa che non sa con chi poter scambiare almeno quattro chiacchiere.
E’,quindi,estremamente difficile trovare degli indicatori di questa povertà relazionale.
Per noi credenti il mondo non è frutto del caso, lo sforzo di tutti gli uomini è l’opera caritatevole, vivere tutti come una famiglia.
Un aspetto della carità da tener presente è la sussidiarietà, intesa a dare un aiuto ad una persona ma senza ledere la sua dignità, vedendo nell’assistito un soggetto che è capace di dare qualcosa, di emanciparsi, di risollevarsi con le sue forze. Caso contrario si scade nel puro assistenzialismo. Ecco perché quando si dice la globalizzazione dobbiamo intendere "governo globalizzato di tipo sussidiario" : i popoli che ricevono gli aiuti devono  uscire dalle loro povertà in loco, e nei loro luoghi devono risollevarsi. Il papa ci ammonisce che l’aiuto allo sviluppo dei Paesi poveri deve essere considerato come un vero strumento di ricchezza per tutti.
La sussidiarietà allora  è strettamente connessa alla solidarietà e viceversa.
La solidarietà si esprime in primo luogo all’interno di una famiglia: si scorge soprattutto nei momenti difficili, nelle dure prove della vita. Ma questo tipo di solidarietà familiare è insufficiente, sfocia nell’egoismo, perché nasce e si chiude nell’ambito della famiglia.
Ci chiediamo allora quali sono i confini della solidarietà.
Oggi, nelle  realtà  di questo mondo si hanno persone che riducono i propri interessi all’interno della famiglia. Ma è evidente che è un atteggiamento sbagliato, egoista. I credenti  in Dio non hanno questa idea di famiglia. Essi amano i loro familiari ma il loro bene non si può limitare a quello della propria famiglia ma si deve estendere a quello della comunità. La pastorale degli sposi e delle famiglie e la pastorale sociale sentono la necessità di dar vita a famiglie disponibili alle chiamate che provengono dal mondo esterno.
Le occasioni non mancano: dall’accoglienza al povero (bambino straniero,disoccupato,sfrattato) all’aiuto alle famiglie meno fortunate, all’impegno in campo sociale e politico all’aiuto ai popoli lontani.
3) La solitudine, come assenza di relazioni con l’uomo e con Dio , ha un altro effetto, più drammatico e più latente: l’assenza di felicità!
Ma ci dobbiamo chiedere: Perchè la nostra società produce individui infelici e stressati ?
Perché  non è organizzata per produrre individui felici. L’organizzazione sociale è mirata ad altri scopi, principalmente la crescita economica. Se vogliamo una società che generi gente più felice dobbiamo mettere la qualità delle relazioni al centro dei criteri di organizzazione sociale, a differenza di quanto stiamo facendo attualmente. Infatti, al momento, la qualità delle relazioni semplicemente non è un criterio di organizzazione.
Se si recuperano le relazioni umane, si recupera la felicità. L’economista Easterlin dice che la felicità delle persone non dipende dalla ricchezza economica ma dalla ricchezza umana (cioè dalle relazioni interpersonali)
Uno studio recente ha dimostrato che gli americani, popolo in crescita economica e con livelli lavorativi di eccellenza, è un popolo infelice. E’ la cosiddetta "depressione degli arricchiti" Perché questa infelicità? Perché sono in declino i beni relazionali: aumenta la solitudine, le famiglie sono sempre più instabili, la solidarietà diminuisce, i rapporti di amicizia sono ridotti. Come un cane che si morde la coda, si crea un circolo vizioso tra povertà relazionale e povertà di tempo. Infatti, chi  è povero di relazione cerca di lavorare di più; quindi diminuisce il tempo libero, si crea cioè una povertà di tempo; questa povertà di tempo sviluppa relazioni peggiori. E ci troviamo al punto di partenza.
Il benessere materiale è importante ma da solo non dà la felicità perché la vita è assai più ricca di promesse di quelle che l'agiatezza materiale può soddisfare. Non sempre si è capito come proprio la crescita del benessere renda esplicita la necessità di scegliere ciò che nella vita realmente conta e può manifestarla nella sua pienezza. L'uomo infatti non è solo corpo, è anche spirito.
Oggi si è molto esigenti verso tutte le dimensioni della vita:
- nei confronti del lavoro a cui si chiede reddito e realizzazione personale
- nei confronti delle relazioni familiari dalle quali ci si attende gratificazioni affettive e serenità;
- nei confronti del consumo e del tempo libero, dai quali si attende distrazione, svago e sempre più spesso quei significati che non si riesce a trovare negli altri momenti.
Ma l'essere così esigenti inevitabilmente ci porta a far convergere tutte queste aspirazioni nel solo tempo limitato di cui disponiamo.
Così la radicale impossibilità di fare tutto ciò che vorremmo e di vivere tutte le esperienze che ci attraggono, finisce per pesare sulle nostre esistenze facendoci sperimentare un senso di privazione e di insoddisfazione, di infelicità appunto.
Stiamo forse per comprendere uno dei paradossi del benessere: il fatto cioè che esso porta l'abbondanza. Come è cresciuta l'abbondanza così è anche cresciuto il senso del limite, della privazione e la percezione della rinuncia. Molto nella palese insoddisfazione che oggi circonda le nostre vite trova qui la sua spiegazione.
L'abbondanza ha messo in luce la nostra limitatezza, l'impossibilità di prendere tutto e il fatto che "il nostro cuore rimane inquieto" fino a quando non incontra Dio e ci dice che non solo di beni materiali vive l'uomo. (cfr. Lc. 4,4; Mt. 4,1-11; Mc).
4) Pensiamo perciò che sia giusto esprimere una predilezione per stili di vita basati sulla sobrietà.
Sobria è la vita di chi sa accontentarsi, di chi sa scoprire come spesso il meglio coincide con il meno. Soprattutto sobria "è la vita di chi ha scoperto il proprio limite e dunque, sapendo di operare delle scelte, si indirizza all'essenziale, curando la fraternità, la solidarietà e la vita spirituale" (cfr. CEI: E.T.C. n.39). Nell'attuale stadio di crisi che l'Italia (ma praticamente tutto il mondo ) sta attraversando, siamo più che mai sollecitati a capire e a testimoniare che la sobrietà non è un esercizio atletico ma nasce dalla fraternità e dalla consapevolezza che tutto il superfluo è sottratto al necessario di altri fratelli.
La misura stessa del superfluo, inoltre, cresce con la crescita dei bisogni dei poveri.
La sobrietà è quindi liberazione e non più privazione. Ci piace ricordare la risposta data da Dalai Lama quando gli fu chiesto cosa l’aveva sorpreso di più dell’umanità
" Gli uomini " rispose "perché perdono la salute per fare soldi e poi perdono i soldi per recuperare la salute; perché pensano tanto al futuro e dimenticano il presente e così non vivono né il presente né il futuro; perché vivono come se non dovessero mai morire e muoiono come se non avessero mai vissuto".
Gesù ha sempre insegnato e vissuto la sobrietà: come c’è un Vangelo della carità, del matrimonio, del perdono… c’è un vangelo della sobrietà. Luca ci ammonisce "non datevi pensiero perla vostra vita, di quello che mangerete, né per il vostro corpo come lo vestirete" "Gratuitamente avete ricevuto e gratuitamente date.Non procuratevi oro né argento" o ancora "Non accumulatevi tesori sulla terra"
L’Incarnazione stessa possiamo considerarla come una scelta di sobrietà e povertà: Gesù che rinuncia al tesoro derivante dalla natura divina e assume i limiti della fatica umana; anche l’Eucarestia, la mensa eucaristica è un esempio di grande sobrietà: i segni del pane e del vino, due alimenti cosi’ comuni e quotidiani nelle nostre case. La stessa lavanda dei piedi è un gesto di sobrietà al servizio. C’è anche l’invocazione contenuta nella preghiera del Padre nostro…dacci oggi il nostro pane quotidiano… è un invito all’essenzialità: il pane. Solo in due occasioni Gesù ha giustificato lo spreco: l’unzione dei suoi piedi col profumo molto costoso e la liceità a non digiunare quando è presente lo sposo. E’ chiaro l’eccezione che Gesù qui ci ha voluto dare: solo se guardiamo a Lui come al bene più prezioso, si può vivere una vita evangelica, santa e quindi anche sobria.
Sobrietà è un valore che pone in discussione la vita del cristiano e lo invita alla riflessione perché la sobrietà ci interpella e ci interroga nella vita di persona, di coppia e di famiglia.
Questo è il concetto che vorremmo far passare: la povertà non è tanto privazione di cose di oggetti e di beni ma è una via, uno strumento che porta ad una maggiore libertà: libertà di scegliere fuori dagli schemi della Tv, fuori dalle mode degli amici, fuori dalle invidie delle altre famiglie. Se ritengo che mi occorre una vacanza di mare e ho il mare a Manfredonia, non vado a scegliere una vacanza costosa in Sardegna, al mare! La sobrietà passa pure tra queste scelte. Se si vendono triglie a buon prezzo in questo periodo, non vado a preferire il tonno o l’astice per bandire la tavola per un invito dell’amico.Sobrietà è scegliere una vacanza in autogestione, è riscoprire i viaggi e le bellezze di quello che ci sta attorno. E questa non è tirchieriaLa sobrietà non è tirchieria. Nella vita di sposi e di famiglia, la sobrietà ci porterà a capire che la rinuncia offerta al Signore, alla fine riserverà grandi sorprese, ci farà scoprire che con una vita più semplice, si apprezzeranno di più le cose che spesso sfuggono.. Sobrietà è dare sempre ciò che si ha: "gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date" dice il Vangelo. Ecco allora che si introduce un altro dono della povertà: la Provvidenza. La provvidenza entra sempre in modo silenzioso, in modo discreto, senza che le chiediamo niente capisce il bisogno, capisce il momento giusto perintervenire e viene in aiuto. Quante volte notiamo queste coincidenze (nel momento di maggiore crisi, mio figlio ha trovato lavoro; quando più avevo fame ecco che mi ha individuato la Caritas …) E alla fine non ci resta che ringraziare. Dovremmo imparare ad inserire, come famiglia, nel nostro bilancio di fine mese e nel nostro budget di inizio mese, anche le gratuità che dobbiamo regalare a chi ha bisogno e ci chiama perché anche noi chiamiamo Gesù e gli chiediamo provvidenze, aiuto. Da questa sobrietà a livello familiare, dobbiamo estenderci poi, ad una sobrietà a livello comunitario. Sì, anche la comunità, la parrocchia deve avere uno stile sobrio, fatto non di sfoggio di pellicce in prima fila o di addobbi floreali pacchiani e smisurati: anche una margherita che io, parrocchiano di ultima chiamata, io coppia, io famiglia, io comunità porgo alla Sipontina, è un atto di sobrietà e di gratuità, di ricchezza e non di povertà.
Ciò che stordisce è la voglia di arricchire e di accumulare, di trovare la ricchezza. E’ vero che i padri della Chiesa vedevano le ricchezze in positivo perché fatto di beni che provengono dal Signore. Addirittura Sant’Agostino vede la ricchezza  come materiale per la Carità, in quanto c’è la ricchezza c’è la carità.Dio è il solo proprietario dei beni e noi figli siamo usufruttuari allo stesso modo e con identici diritti.
La chiesa ci orienta in tre dimensioni, in tre versanti: trovare la sobrietà per trovare un senso di giustizia universale, per trovare la dignità della persona, per trovare il gusto della bellezza.
Brevemente analizziamo questi tre aspetti.
Gesù ci ammonisce "Non datevi pensiero perla vostra vita, di quello che mangerete né per il vostro corpo come lo vestirete. Guardate i gigli del campo e gli uccelli del cielo!" La Chiesa ci invita a conformarci a uno stile di vita sobrio e lo fa nell’ottica dell’Amore Universale anche invitandoci a sostenere le economie solidali, ad una redistribuzione dei profitti delle nazioni e dei popoli.
Secondo aspetto che noi cristiani dobbiamo considerare: la dignità della persona. L’uomo vale per quello che è, non per quello che ha. Deve essere rispettato e non gli dovrebbe mancare niente per vivere, nel territorio dove si trova. Pensiamo agli stranieri che ci chiedono da mangiare nelle strade.
Ed infine il gusto della bellezza.
Ci viene allora una domanda: come si può unire la sobrietà ricercata con l’avere una casa in stile,un abbigliamento personale trendy, un fisico curato? Innanzitutto, ogni famiglia ha la propria storia, le proprie necessità: io che viaggio a Foggia avrò bisogno di un’auto di media cilindrata, l’amico o che attraversa giornalmente l’intera Puglia avrà bisogno di un’auto di alta cilindrata e da cambiare spesso; l’insegnante Angela avrà bisogno di un aspetto dignitoso e curato davanti a gli alunni. Quindi ognuno di noi deve valutare nella sua coppia e nella sua famiglia se vive l’essenzialità della vita.
Così pure, vivere uno stile sobrio non significa essere sciatti, non curare la propria persona: il corpo è un dono di Dio e lo dobbiamo valorizzare.
Se vogliamo in modo veloce mettere in contatto la sobrietà con i cinque sensi (la vista, l’udito, il gusto, il tatto e l’olfatto) allora vedete cosa ne scaturisce.
LA VISTA : sobrietà della vista è non lasciarsi prendere dal desiderio di acquisti continui; vuol dire accettare di avere la casa non sempre a posto ma aperta agli amici, agli inviti; è non avere l’atteggiamento di chi fa confronti con gli altri, con i figli degli altri; sobrietà della vista è anche cercare di vedere il bello che ci circonda, lo stupore di un nuovo giorno, di un’eclissi di luna, di una stella cadente.
UDITO: sobrietà dell’udito è la volontà di ascoltare con umiltà, di mettersi in discussione e di non pretendere che solo lui ha certezze; sobrietà dell’udito è ascoltare chi ti sta vicino o il relazionante senza avere le orecchie o la mente verso altro; è valorizzare il silenzio.
GUSTO: la sobrietà del gusto è la moderazione del consumo del cibo, è saper dire di essere sazi senza riempirsi oltremisura; e nel parlare, è dire le parole giuste al momento giusto, avere appunto "gusto" di parlare bene e, quando occorre, di  dire cose forti o di tacere
TATTO:.la sobrietà del tatto è usare con delicatezza le carezze per manifestare tutto l’amore che si prova per chi sta attorno, è l’umiltà tenuta anche da Gesù nella lavanda dei piedi, gesti autentici di umiltà che ci dovrebbero caratterizzare: pure una carezza al bimbo che è davanti l’ingresso della cattedrale per ‘elemosina è sobrietà , è darsi tutto come si è dato a noi Gesù.
OLFATTO: sobrietà dell’olfatto è non mettere il naso nelle vicende degli altri per sola curiosità; anzi è avere come si dice "l’olfatto fine" ossia capire subito quello che l’altro, il prossimo mi chiede o che ha vergogna di chiedere.
Nel concludere, ribadiamo  la vicinanza  a tutte quelle situazioni delle famiglie che la nostra Caritas parrocchiale intercetta ogni giorno nel suo emporio e a sostenere e incoraggiare ogni scelta di politica sociale, politica e personale che libera i poveri e  corregge le situazioni di evidente ingiustizia; integra gli esclusi ossia che dobbiamo immettere stabilmente le persone che versano in condizioni marginali nei circuiti "normali" della vita civile; socializzare gli inclusi creando, come abbiamo visto, una cittadinanza solidale, un contesto di sussidarietà che porta a una più ampia solidarietà.
Perciò il vero nodo è culturale, è di pensiero; se è in crisi una cultura della solidarietà, come rianimarla e tradurla in termini operativi? E’ questa la sfida per la politica ma anche per tutti noi interpellati dal vangelo della carità.

Chi ha poca carità vede pochi poveri;
chi ha molta carità vede molti poveri;
chi non ha carità non vede nessuno.

Si riporta, per finire,  un passo della Caritas in Veritate. "Il mondo soffre per mancanza di pensiero. Servono uomini di pensiero capaci di riflessione profonda…Lo slancio del pensiero per capire le implicazioni dell’essere famiglia umana, in modo che l’integrazione avvenga nel segno della solidarietà e non dell’emarginazione; slancio del pensiero per cogliere che la natura umana si realizza nelle relazioni interpersonali".


Il decalogo della coppia
Scarica la relazione

Parrocchia San Lorenzo Maiorano in Cattedrale - Via Campanile 66 Manfredonia Tel.0884532633 «Diocesi di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo»
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