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CONVEGNO LITURGICO DIOCESANO
Manfredonia - Vieste - San Giovanni Rotondo
07 Marzo 2012
Felice di Molfetta
Vescovo di Cerignola-Ascoli Satriano Presidente del Centro Azione Liturgica
La liturgia nel processo educativo alla vita buona del Vangelo
1 Nel cantiere dell‟educazione cristiana, "la liturgia è scuola permanente di formazione attorno al Signore risorto, luogo educativo e rivelativo (CVMC49) in cui la fede prende forma e viene trasmessa" (EVBV 39). Prima di entrare nell‟analisi esplicativa dei contenuti racchiusi nelle due definizioni proposteci dalla Nota Pastorale è doveroso sgomberare il campo dalle considerazioni non corrette della stessa natura di Liturgia, e che costituiscono un rischio costante e perdurante.
2 Una delle tentazioni più presenti nel cammino dei cristiani lungo i secoli è stata quella della "pratica religiosa" vista come sufficiente per vivere il rapporto con Dio nello spazio del culto: un Dio rinchiuso nel tempio e un culto dato a lui da permettere all‟uomo di gestirsi autonomamente la sua vita e la sua storia. In tal senso, la liturgia cristiana ha rimesso le vesti della religione pagana e della religione veterotestamentaria, con un culto esterioristico e puramente formale. Determinante e innovativo è l‟evento dell‟Incarnazione per il quale, caro cardo salutis (Tertulliano), mettendo in atto un movimento dall‟Alto e non dal basso, sì da dare vita a un culto "in spirito e verità" (Gv 4,23), che non è abolizione della corporeità segnico-rituale ma veicolo assunto dal Verbo e dallo Spirito per realizzare la comunione con il Padre.
3 Il rito non dice sé stesso ma esprime ciò per cui esiste: ossia rendere presente l‟Evento che è alle spalle per aprirsi al futuro. Si pensi a ciò che è avvenuto sulla croce, secondo la narrazione giovannea al cap. 19. Il rito non rientra nella sfera della mera razionalità. Esso invece riguarda la persona nella sua totalità. Tant‟è che il rito fa l‟uomo attraverso il linguaggio dei gesti e delle parole, dei contesti celebrativi e delle sue modalità assumendo la forte componente simbolica e dialogica. Mi piace ricordare l‟episodio de Il Piccolo Principe di Saint-Exupéry, quando il protagonista incontra la volpe e impara l‟amicizia. Gli dice la volpe: "„Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle 4, dalle 3 io comincio a essere felice. Col passare dell‟ora, aumenta la mia felicità. Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità. Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore… ci vogliono i riti‟. „Che cos‟è un rito?‟ disse il Piccolo Principe. „Anche questa è una cosa dimenticata‟ risponde la volpe. „È quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un‟ora dalle altre ore‟". Bellissimo! Così dovremmo essere introdotti nella frequentazione assidua e periodica all‟azione liturgica, aperta all‟esperienza di Dio, alla sua epifania. È della liturgia scandire la vita con i suoi ritmi. Tant‟è che Liturgia vissuta conregolarità genera l‟habitus a mantenere fede all‟appuntamento con il Signore.
4 È Lui che riserva l‟appuntamento a noi, perché l‟iniziativa è sempre sua. Di qui la retta comprensione di "Liturgia": infatti se il termine Leitourghia, sotto il profilo semantico, pone l‟accento sul popolo, sull‟azione della Chiesa, sì da farne il solo soggetto dell‟azione liturgica, va ricordato e ribadito che non vi sarà autentica azione liturgica che non debba essere al tempo stesso theourghia, ossia azione di Dio. Questo primato di Dio è stato evidenziato da Paolo VI nella proclamazione della SC: "Noi ravvisiamo l‟ossequio alla scala dei valori: Dio al primo posto; la preghiera prima nostra obbligazione; la liturgia, prima fonte della vita divina a noi comunicata; prima scuola della nostra vita spirituale". La liturgia, oltre ad esprimere la priorità assoluta di Dio, manifesta e realizza l‟epifania del"Dio-con-noi". Perché, "all‟inizio dell‟essere cristiano non c‟è una decisione etica o una grande idea, bensì l‟incontro con un avvenimento, con unapersona (Benedetto XVI, Deus caritas est, 1). In tal senso, Dio diventa il grande educatore del suo popolo, la guida amorevole, sapiente, instancabile in e attraverso la liturgia, quale azione di Dio nell‟hodie della Chiesa. Perciò, essa è luogo rivelativo, educativo, scuola permanente di formazione.
5 Sono convinto che molti insuccessi educativi hanno la loro radice nel non aver capito che è Dio ad educare il suo popolo. Educare alla vita buona del vangelo, significa allora mettere inequivocabilmente in luce il primato di Dio. Sono altresì convinto che la cosiddetta "emergenza educativa" nasce nel non aver saputo cogliere la forza del programma educativo espresso dalle Sante Scritture; nel non esserci alleati con il Vero Educatore della persona. Apodittica è l‟affermazione di Dt 4,36: "Dal cielo ti ha fatto sentire la sua voce per educarti". Luogo nativo in cui avviene la rivelazione di Dio è ancora la liturgia in cui, ascoltando la Parola proclamata nell‟assemblea dei fratelli radunati nel nome del Signore la fede prende forma e si sostanzia "fino a raggiungere la misura della pienezza di Dio" (Ef 4,13). Difatti la liturgia, in quanto "prima e per di più necessaria sorgente dalla quale i fedeli possono attingere uno spirito veramente cristiano, i pastori d‟anime in tutta la loro attività devono perciò cercare di attuarla attraverso un‟adeguata formazione" (SC 14), "contribuisce in sommo grado a che i fedeli esprimano nella loro vita e manifestino agli altri il mistero di Cristo e la genuina natura della vera Chiesa" (SC 2).
6 Per educazione liturgica si deve intendere l‟iniziazione all‟esperienza celebrativa quale introduzione del discepolo alla contemplazione dei divini misteri. Si tratta cioè di andare dal segno/i al mistero; ossia ripartire dai riti e dalle preghiere attraverso i quali si perviene all‟evento compiutosi nell‟illo tempore per svelarsi e attualizzarsi nell‟hodie della nostra storia. In tale senso, l‟Aquinate ha una formula straordinaria. Egli dice che i "segni", soprattutto quelli sacramentali, "significando causant", ossia operano la glorificazione di Dio e la nostra salvezza in ragione del fatto che laraccontano e la svelano, rendendo partecipi i credenti. Sicché educazione liturgica non è insegnamento di tipo razionale, intellettualistico né unaperformance intesa a rendere "bella" l‟azione liturgica. Essa invece deve mirare a farci intraprendere un cammino spirituale in cui si deve dare spazio all‟opera di Dio in noi. Ciò permetterà di accogliere in dono il suo Spirito, instaurando una relazione vitale con la Trinità santa, che in ogni celebrazione si riversa sulla terra e in ciascuno di noi. L‟impegno educativo dovrà incessantemente mirare a che l‟azione liturgica diventi sempre più luogo singolare in cui insieme viviamo della gioia della vita divina come dono da accogliere nello stupore suscitato dalla condiscendenza di Dio che si lega a noi con la stessa forza di un vincolo nuziale. Pertanto, la celebrazione liturgica, non ci chiede la performance ma un cammino di conversione costante a Dio in vista di un‟alleanza da instaurare con Lui e che va da inizio a inizio sì da cominciare sempre!
7 Per concludere prendo un‟icona dalla storia dell‟arte: l‟educazione della Vergine; essa ci riporta nello spazio domestico in cui si svolge la paideiabiblica della famiglia ebraica: tutta intesa a ricordare e raccontare, chiamando in causa la trasmissione della fede per generazione: "C‟è un‟impronta che essa solo (la famiglia) può dare e che rimane nel tempo (EVBV 36). Significativa è l‟esperienza di Timoteo con due generazioni di donne: la nonna Loide e la mamma Eunice: "… desidero anche rivederti per essere riempito di gioia, memore di quella fede senza ipocrisia che è di te e che, prima ancora, albergò nel cuore della tua nonna Loide e di tua madre Eunice e, ne sono sicuro, alberga anche in te" (2 Tm 1,4-5).
8 Il percorso educativo deve investire tutta l‟esistenza, memori dell‟insegnamento di Paolo in cui raccomanda Timoteo di "rimanere fedele alle cose che hai imparato e delle quali hai acquistato la certezza, ben sapendo da quali persone le hai imparato e che fin da bambino conosci le sacre Lettere: esse possono procurarti la sapienza che conduce alla salvezza per mezzo della fede in Cristo Gesù" (2 Tm 3,14-15). Un testo, questo, propositivo e programmatico per la famiglia ricordatoci dalCatechismo della Cei Lasciate che i bambini vengano a me, n. 188/Catechismo per i genitori che hanno figli da 0 a 6 anni: "Lo spazio domestico per dialogare con Dio è dato dai riti, dai segni e dai momenti che si vivono nella quotidianità. I bambini sono sensibili alla ritualità…". Negli Atti dei Martiri di Abitene (303 d.C.) c‟è una bella testimonianza che rivela l‟incidenza educativa esercitata dai genitori sui figli: "Sono cristiano e, di mia volontà, ho partecipato all‟assemblea domenicale con mio padre e i miei fratelli", disse uno dei bambini. E il sacerdote spiegò al Proconsole: "Non lo sai, che è la domenica a fare il cristiano e che è il cristiano a fare la domenica, sicché l‟una non può sussistere senza l‟altra e viceversa? Quando senti nome „cristiano‟ sappi che vi è una „comunità riunita‟ che celebra il Signore; e quando senti dire „comunità riunita‟ sappi che lì c‟è il „cristiano‟". L‟iniziazione alla vita liturgica deve partire dalla famiglia: è questa l‟esperienza di Cristo nella casa di Nazaret, e di Maria nella casa di Gioacchino e Anna.