Parrocchia San Lorenzo Maiorano in Cattedrale - Manfredonia
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2° Incontro di formazione tenuto da don Alessandro Rocchetti, giovedì 26 gennaio 2012 alle ore 20.00



"ESSERE COMUNITA' CHE ANNUNCIA"
TESTI

"Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita – la vita infatti si manifestò, noi l'abbiamo veduta e di ciò diamo testimonianza e vi annunciamo la vita eterna, che era presso il Padre e che si manifestò a noi - quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia piena".

(1 Gv ,1-3)


"Il silenzio è parte integrante della comunicazione e senza di esso non esistono parole dense di contenuto. Nel silenzio ascoltiamo e conosciamo meglio noi stessi, nasce e si approfondisce il pensiero, comprendiamo con maggiore chiarezza ciò che desideriamo dire o ciò che ci attendiamo dall'altro, scegliamo come esprimerci. Tacendo si permette all'altra persona di parlare, di esprimere se stessa, e a noi di non rimanere legati, senza un opportuno confronto, soltanto alle nostre parole o alle nostre idee. Si apre cosÌ uno spazio di ascolto reciproco e diventa possibile una relazione umana più piena. Nel silenzio, ad esempio, si colgono i momenti più autentici della comunicazione tra coloro che si amano: il gesto, l'espressione del volto, il corpo come segni che manifestano la persona. Nel silenzio parlano la gioia, le preoccupazioni, la sofferenza, che proprio in esso trovano una forma di espressione particolarmente intensa. Dal silenzio, dunque, deriva una comunicazione ancora più esigente, che chiama in causa la sensibilità e quella capacità di ascolto che spesso rivela la misura e la natura dei legami. Là dove i messaggi e l'informazione sono abbondanti, il silenzio diventa essenziale per discernere ciò che è importante da ciò che è inutile o accessorio. Una profonda riflessione ci aiuta a scoprire la relazione esistente tra avvenimenti che a prima vista sembrano slegati tra loro, a valutare, ad analizzare i messaggi; e ciò fa sì che si possano condividere opinioni ponderate e pertinenti, dando vita ad un'autentica conoscenza condivisa. Per questo è necessario creare un ambiente propizio, quasi una sorta di "ecosistema" che sappia equilibrare silenzio, parola, immagini e suoni".

(BENEDETTO XVI, Messaggio per la 46° GIORNATA MONDIALE DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI)


Sì, carissimi Fratelli e Sorelle, le nostre comunità cristiane devono diventare autentiche « scuole» di preghiera, dove l'incontro con Cristo non si esprima soltanto in implorazione di aiuto, ma anche in rendimento di grazie, lode, adorazione, contemplazione, ascolto, ardore di affetti, fino ad un vero
« invaghimento » del cuore. Una preghiera intensa, dunque, che tuttavia non distoglie dall'impegno nella storia: aprendo il cuore all'amore di Dio, lo apre anche all'amore dei fratelli, e rende capaci di costruire la storia secondo il disegno di Dio.

(Giovanni Paolo II, Novo Millennio Ineunte, 33)


"L'uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni. C'è forse in fondo, una forma diversa di esporre il Vangelo, che trasmettere ad altri la propria esperienza di fede? Il mondo, che nonostante innumerevoli segni di rifiuto di Dio, paradossalmente lo cerca attraverso vie inaspettate e ne sente dolorosamente il bisogno, reclama evangelizzatori che gli parlino di un Dio, che essi conoscano e che sia a loro familiare, come se vedessero l'Invisibile".

(PAOLO VI, Evangelii nuntiandi, 41.46.76)


"Quanto a me vorrei avere finalmente un nozione riassuntiva e sapiente sul mondo e sulla vita: penso che tale nozione dovrebbe esprimersi in riconoscenza: tutto era dono, tutto era grazia; e com'era bello il panorama attraverso il quale si è passati; troppo bello, tanto che ci si è lasciati attrarre éd incantare, mentre doveva apparire segno e invito.

Ma, in ogni modo, sembra che il congedo debba esprimersi in un grande e semplice atto di riconoscenza, anzi di gratitudine: questa vita mortale è, nonostante i suoi travagli, i suoi oscuri misteri, le sue sofferenze, la sua fatale caducità, un fatto bellissimo, un prodigio sempre originale e commovente, un avvenimento degno d'essere cantato in gaudio e in gloria: la vita, la vita dell'uomo!".

(Paolo VI, Pensiero alla morte)


"Prego pertanto il Signore che mi dia grazia di fare della mia prossima morte dono d'amore alla Chiesa. Potrei dire che sempre l'ho amata; fu il suo amore che mi trasse fuori dal mio gretto e selvatico egoismo e mi avviò al suo servizio; e che per essa, non per altro, mi pare d'aver vissuto. Ma vorrei che la Chiesa lo sapesse; e che io avessi la forza di dirglielo, come una confidenza del cuore, che solo all'estremo momento della vita si ha il coraggio di fare. Vorrei finalmente comprenderla tutta nella sua storia, nel suo disegno divino, nel suo destino finale, nella sua complessa, totale e unitaria composizione, nella sua umana e imperfetta consistenza, nelle sue sciagure e nelle sue sofferenze, nelle debolezze e nelle miserie di tanti suoi figli, nei suoi aspetti meno simpatici, e nel suo sforzo perenne di fedeltà, di amore, di perfezione e di carità. Corpo mistico di Cristo. Vorrei abbracciarla, salutarla, amarla, in ogni essere che la compone, in ogni Vescovo e sacerdote che la assiste e la guida, in ogni anima che la vive e la illustra; benedirla. Anche perché non la lascio, non esco da lei, ma più e meglio con essa mi unisco e mi confondo: la morte è un progresso nella comunione dei Santi.
Qui è da ricordare la preghiera finale di Gesù (Gv 17). Il Padre e i miei; questi sono tutti uno; nel confronto col male ch'è sulla terra e nella possibilità della loro salvezza; nella coscienza suprema ch'era mia missione chiamarli, rivelare loro la verità, farli figli di Dio e fratelli fra loro: amarli con l'Amore, ch'è in Dio, e che da Dio, mediante Cristo, è venuto nell'umanità e dal ministero della Chiesa, a me affidato, è ad essa comunicato. O uomini, comprendetemi; tutti vi amo nell'effusione dello Spirito Santo, ch'io, ministro, dovevo a voi partecipare. Così vi guardo, cosi. vi saluto, così vi benedico. Tutti. E voi, a me più vicini, più cordialmente. La pace sia con voi. E alla Chiesa, a cui tutto devo e che fu mia, che dirò? Le benedizioni di Dio siano sopra di te; abbi coscienza della tua natura e della tua missione; abbi il senso dei bisogni veri e profondi dell'umanità; e cammina povera, cioè libera, forte ed amorosa verso Cristo".

(Paolo VI, Pensiero alla morte)


"Care catechiste (e catechisti), non disertate le «aule» di catechismo, non lasciatevi prendere dallo scoramento per l'esito pressoché scontato del vostro lavoro. Basta semplicemente cambiare prospettiva. Mettete da parte l'ansia di insegnare, di aggregare, di far praticare. Approfittate di questo nugolo scombinato di bimbi e di ragazzi che arrivano nelle «classi» e fate loro una sorpresa. Accoglieteli. Fate sì che, da subito, sentano che siete lì per loro, che la Chiesa che voi rappresentate è lì non per soddisfare i suoi bisogni di sussistenza, ma i loro progetti di esistenza. Trasformate le vostre «classi» di catechismo in luoghi ospitali, a servizio non dei bisogni ecclesiali, ma di questi bimbi e ragazzi in ricerca di se stessi. Fate di questo luogo che è il catechismo la «casa» dove si diventa fratelli perché figli. Fatene luoghi di esperienza e non di spiegazione, di accoglienza e non di raccomandazioni, di festa e di riti e non di cerimonie. Esprimete in quel luogo la cura che Dio Padre, tramite voi, riserva con dolcezza e pazienza infinita a questi piccoli nella fede, a questi simpatici rompiscatole che sono i nostri ragazzi. Se torneranno a provare desiderio, cioè gusto di vivere, ritroveranno il piacere di appartenere e forse la gioia di impegnarsi".

(E. Biemmi)


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